Abbiamo detto
che il malto è il prodotto dato dalla “maltazione” dei cereali (vedi Art. “Materie
prime: I cereali (Malto)”). Quindi, una volta descritti i cereali nelle loro
forme e caratteristiche, andiamo a vedere il processo che compiono per
diventare malto. Con il nome malto si identifica un cereale che è stato
sottoposto ad un inizio di germinazione, grazie al quale il contenuto dei suoi
chicchi diventa solubile e perciò
estraibile mediante acqua. Il malto può essere ottenuto da qualunque cereale,
ma quelli che si prestano meglio sono: l’orzo, in primis, ma anche frumento,
segale e avena. Diciamo che gli altri, avendo dei germogli più fragili, sono
meno indicati.
Il fine di
questo processo, chiamato “maltazione”, oltre a quello di far germinare i
cereali, è quello di permettere ai chicchi di produrre le amilasi e le
proteasi, cioè gli enzimi che in seguito degraderanno: l’amido i primi, e la
matrice del chicco stesso, i secondi. I chicchi germogliati, vengono poi
essicati, con metodi differenti, per differenziare poi i malti.
La prima
fase della maltazione, dopo aver accuratamente selezionato i chicchi, è quella
di metterli in ammollo per circa 48 ore, con delle pause per l’ossigenazione,
orientativamente da 8 a 12 ore, della durata di un’ora ciascuna. Trascorso questo
periodo si verifica l’assorbimento dell’acqua schiacciando il chicco sull’unghia:
se si sfalda come gesso umido si è a buon punto e si permette al chicco di
germogliare tenendolo in ambiente umido, ma non più immerso, e a temperatura
costante.nelle malterie il chicco viene quasi continuamente rimescolato in modo
da far raggiungere a tutta la massa dell’orzo la stessa temperatura e umidità e
per evitare l’infeltrimento delle radichette. Così condizionato tutto il
cereale germoglia in un brevissimo intervallo di tempo, rendendo omogenea tutta
la fase, garantendo così anche la miglior resa del malto.
Da ogni
chicco esce una radichetta che testimonia della germogliazione e,
parallelamente, della parziale degradazione dell’amido. La crescita della
radichetta indica il grado di trasformazione raggiunto dal chicco: più è lunga,
più matrice proteica e amido sono degradati. Essa non dovrebbe mai superare un
terzo della lunghezza del chicco e solo per ottenere del malto scuro si può
arrivare alla metà del chicco. A questo punto il malto viene essicato e vengono
poi tolte le radichette. L’essicazione è utile perché assolve almeno tre
funzioni: la prima, quella di togliere l’umidità in eccesso fino a farla
arrivare al 3-4%; la seconda invece, è quella di impartire una particolare
colorazione e gusto al malto, e di conseguenza, alla birra che si otterrà; in
fine, ma non per merito, c’è quello di aumentare la capacità di conservazione
del malto.
La durata
della essicazione è di circa 48 ore. La temperatura a cui viene essicato
determina il gusto e il colore del malto. Con l’aumentare della temperatura di
essicazione, parallelamente, il colore si fa ambrato, dorato, marrone o nero. La
temperatura, ha però, il difetto di degradare enzimi presenti nel malto: la
regola generale è che più è alta la temperatura di essicazione minore diventa
la sua capacità di liberare maltosio e maltodestrine nella fase dell’ammostamento,
ma questo lo praticheremo in seguito. Per questo motivo sarà quindi necessario
usare sempre delle miscele di malti chiari e scuri in cui i primi per dare la
capacità enzimatica, i secondi per andare a conferire gusto e colore. La capacità
colorante di un po’ di malto scuro, a volte è più importante della sua mancanza
di enzimi, infatti pochi etti di malto scuro valgono a colorare fino a 25litri
di birra senza apprezzabili riduzioni dell’attività svolte dagli enzimi. Se assaggiate
il malto crudo, specie se chiaro, lo troverete dolce, ciò è dovuto all’azione
delle amilasi che, durante la germinazione, hanno già prodotto una piccola
quantità di maltosio e maltodestrine. Le proteine all’interno del chicco di
malto hanno una struttura che raccoglie e contiene l’amido. Per far agire gli
enzimi sull’amido è importante che questa rete sia degradata ad opera delle
proteasi, che agiscono sulla maltazione.
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