Ilmaltobirraio

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giovedì 11 febbraio 2016

Materie prime: I Cereali (Malto)


La seconda, tra le materie prime che andiamo a trattare è il malto.

Che cos’è il malto? Nient’altro che il prodotto dato dalla “maltazione”, appunto, dei cereali. I cereali sono erbacee che, grazie alla clorofilla e all’energia solare, come tutte le piante, riescono a comporre, partendo dall’anidride carbonica dell’aria, gli amidi che si accumulano nei semi. Il birraio utilizza tali amidi trasformandoli in zuccheri grazie all’azione degli enzimi dei cereali stessi, lasciando poi che il lievito li fermenti per produrre l’alcol e l’anidride carbonica della birra.

Per produrre birra, è utilizzabile qualsiasi tipo di cereale, che spesso vengono miscelati tra loro, differenziando le diverse tipologie di birra; ma la scelta delle materie e le diverse quantità dell’uno o dell’altro cereale, sono caratterizzate prevalentemente dalla tipologia di coltivazione locale, che nella maggior parte dei casi viene prediletta. Per cui notiamo che in Europa e in America viene usato molto il mais, in Asia c’è un ovvia prevalenza di riso e il miglio è l’ingrediente preferito del continente africano. Ma il cereale “principe” per la produzione birraia è sicuramente l’orzo, il quale trova sfogo in Germania dove viene utilizzato quasi in esclusiva, insieme ad una piccola percentuale di frumento. L’orzo cresce in ogni regione, da un’altezza che parte dal livello del mare fino a 1600 metri e più. Per questo si presta molto bene quale coltivazione alternativa laddove altri cereali danno uno scarso rendimento. L’orzo permette di ottenere maggior profitto anche quando la coltivazione non è estensiva, in pendenze critiche per gli altri cereali e in terreni difficili. Le regioni che si distinguono per la produzione di orzo da birra, in Italia, sono la Puglia, la Basilicata, il Lazio e la Toscana. Oltre ad essere il più facile e redditizio in campo agricolo, questo cereale risulta essere anche il più usato nel mondo, per la produzione birraia, in quanto, anche il più adatto a trasformarsi in malto attraverso la germogliazione. Non sorprende perciò che, oltre ad essere stato il primo della sua categoria usato dall’uomo per nutrirsi, cronache degli Assiri, risalenti a circa 4000 anni prima di Cristo, raccontano che la prima birra nacque da chicchi di orzo parzialmente germogliati e seccati.

In natura la pianta la pianta si può presentare in due aspetti, che si differenziano in base al numero di file di semi prodotti: l’orzo distico ne presenta solo due, mentre quello con sei o otto file di semi, viene denominato polistico. Per la produzione birraia, ovviamente si usa la qualità migliore, e quindi la prima, che si semina, in genere in primavera e che, data la minor quantità di file, i semi risultano essere più turgidi; ricchi di amido e poveri di proteine. Ogni seme d’orzo, come di qualsiasi altro cereale, contiene una scorta di materiale nutritivo per la germinazione e la crescita della nuova pianta e una certa percentuale di proteine con varie funzioni tra cui quella di trama su cui si regola la disposizione dell’amido nel chicco. Dal punto di vista chimico il materiale nutritivo è costituito da uno zucchero semplice, il glucosio, unito in una lunghissima catena chiamata molecola di amido. Il glucosio, ma non l’amido, è il materiale utilizzato dalle cellule e dai lieviti per il fabbisogno energetico. Partiamo dallo zucchero più semplice, il glucosio, se questo si lega ad un’altra molecola identica, otteniamo il maltosio, zucchero anch’esso fermentabile, cioè utilizzabile dal lievito che, sfruttando la buona capacità dolcificante, gli consente di moltiplicarsi e vivere nella birra. L’unione invece, di una decina o dozzina di glucosi, dà vita ad un altro zucchero chiamato maltodestrina. Questa molecola è meno dolce del maltosio, ma che comunque conferisce al palato, un buon gusto di pienezza e di dolce che viene genericamente descritto come “corpo” della birra. Le maltodestrine non sono però attaccabili dai lieviti e sono quindi note col termine generico di “zuccheri non fermentescibili”. Se andiamo invece ad allungare questa catena di zuccheri fino ad ottenere una specie di trenino fatto di alcune centinaia di migliaia di molecole di glucosio, otteniamo una struttura che chiamiamo amido e che è, quindi, il principale componente, dal punto di vista quantitativo, della nostra materia base: il seme d’orzo. La disgregazione di questa enorme struttura richiede una serie di reazioni chimiche che spezzano la catena fino a strutture più semplici e, dal punto di vista organolettico, più dolci. Inoltre l’amido, per essere attaccato, deve essere liberato dalla maglia di proteine che lo lega, tramite la proteasi. Questa disgregazione avviene durante la maltazione e la prima fase dell’infusione: in sostanza, si passa dall’amido via via fino ad arrivare alle maltodestrine e al maltosio. In base ai cereali scelti, alle quantità usate ed alla lavorazione cui essi vengono sottoposti, quindi potremo avere birre differenti tra loro, sia per il colore, sia per il gusto, arrivando a poter soddisfare qualsiasi tipo di palato.

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