Ilmaltobirraio

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domenica 28 febbraio 2016

Materie prime: Il Lievito


Ultimo, solo per tempistica d’uso, ma non per importanza, è il lievito. Altra materia prima, per la produzione della birra.

Il lievito è un microrganismo, un fungo grande pochi millesimi di millimetro, il quale respira o fermenta a seconda dell’ambiente in cui si trova, e si nutre e produce delle sostanze che si trovano poi nell’ambiente in cui vive, quali alcol etilico, anidride carbonica e cosi via. Con le sue reazioni biochimiche, libera energia che si trasforma in calore. È presente, come tutti i microrganismi, un po’ ovunque; ad esempio, basta lasciare un liquido contenente zuccheri, all’aria, perché questo si metta a produrre bollicine di anidride carbonica, cambi aroma e diventi limpido appena fermentato. La fermentazione in questo caso, però, si dice essere spontanea. Questo fenomeno è stato scoperto, dall’uomo, già molti millenni fa, imparando ad avere un controllo su di esso, aggiungendo al mosto il lievito, spesso ricavato dalla fermentazione precedente, così da non lasciare più nulla al caso, rendendo il processo costante e garantendo così, risultati finali di ottima qualità. Il lievito è uno degli esseri viventi più antichi in natura. La sua creazione risale ad oltre un miliardo di anni fa, quando una combinazione di componenti chimiche si è ordinata in una catena di amminoacidi e nella nota elica degli acidi nucleici, ai quali si deve l’informazione cromosomica e quindi la continuità della specie. Il lievito si usa anche per altre sostanze alimentari come il pane, il vino, i distillati. Per ogni prodotto, ovviamente, si usa un lievito specifico, sempre della famiglia dei saccaromiceti. Ognuno di questi ha la facoltà di produrre un aroma tipico che caratterizza il prodotto finale. I tipi di lievito usati per la birra, in genere, sono due, a seconda del tipo di bevanda che si vuole produrre: Saccharomyces cerevisiae, per la birra ad alta fermentazione e Saccharomyces carlsbergensis per produrre, invece, birra a bassa fermentazione. Come abbiamo detto, entrambi si nutrono, tra l’altro, degli zuccheri presenti, ad esempio il maltosio, che è quello che si trova nel malto o il saccarosio che è semplicemente lo zucchero da cucina. Ciò che li differenzia invece, è la temperatura a cui agiscono, il gusto che conferiscono alla birra e la sede in cui si trovano a fine fermentazione. Il Saccharomyces cerevisiae è stato il primo, era l’unico disponibile fino a 180 anni fa, per uso birraio viene impiegato ad una temperatura tra i 18°C e i 22°C e a fine fermentazione si ritrova alla superficie della birra, per questo viene definito “lievito ad alta fermentazione” e dona alla birra un gusto morbido e rotondo. Il Saccharomyces carlsbergensis, invece, è nato dall’esigenza delle industrie birraie di avere, sia per motivi economici che di contaminazione della birra, una fermentazione a basse temperature. Questo, alla fine della fermentazione, si ritrova sul fondo del fermentatore e per questo può essere facilmente eliminato, viene impiegato a temperature tra i 4°C e i 10°C anche se è in grado di agire anche a temperature superiori e infine, questo lievito conferisce alla birra un gusto più secco. Una volta disidratati e non contaminati con altri microrganismi i lieviti si conservano a lungo anche a temperatura ambiente, in questo modo rendono molto più semplice la commercializzazione. Basta poi, mettere il lievito secco in un bicchiere d’acqua, preferibilmente tiepida, per riattivarlo e procedere quindi “all’inseminazione”. Il birraio casalingo, può ottenere il lievito in diversi modi, ma quello più consigliato è quello di acquistarlo in negozi specializzati, proprio per non rischiare di far diventare inutili ore e ore di preparazione, rovinando la birra per colpa di un lievito “non buono” o contaminato da fattori esterni, solo per risparmiare pochi euro. In commercio, lo si trova sotto forma granulare chiuso in bustina o, un po’ più costoso, in forma liquida, che va, però, necessariamente tenuto al fresco.

Il lievito è una vera e propria fabbrica di enzimi, molecole biochimiche che permettono di scomporre e ricomporre quelle sostanze che sono indispensabili alla vita mediante la digestione, l’assimilazione e la trasformazione in materia organica.

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