Ilmaltobirraio

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domenica 21 febbraio 2016

Materie prime: Il Luppolo

Il luppolo è una pianta della famiglia delle orticacee, che produce dei fiori molto aromatici; cresce anche selvaticamente, ma la si coltiva facendola rampicare su fili appesi a strutture palificate di sei metri d’altezza. È annuale e si sviluppa da una rizoma, spunta in primavera e la maturazione dei fiori avviene tra agosto e settembre quando, tagliate alla base, viene poi privata dei singoli fiori. Con lo svilupparsi, però, la pianta, crea due tipi di fioritura: maschile e femminile. Per la produzione birraia, servono le infiorescenze “rosa” le quali vengono liberate dai fiori maschili circostanti, che sistematicamente vengono estirpati, proprio per evitarne la fecondazione e quindi la produzione di semi, che le farebbero perdere una parte del prezioso polline. Questi fiori servono a dare alla birra caratteristiche peculiari e insostituibili, quali il gusto amaro e il tipico aroma e profumo. Il primo rende la birra una bevanda dissetante, il secondo la rende invece, gradevole al palato e all’olfatto.

I così denominati, alfa acidi, sono alcuni composti che conferiscono il gusto amaro, mentre numerose altre sostanze diverse, presenti nei fiori sono le “autrici” degli aromi della birra. Le proprietà dei composti che danno amaro e aroma oltre all’essere differenti tra loro, spesso risultano inconciliabili tra loro. Gli alfa acidi, vengono estratti con una certa difficoltà dal fiore. Ad esempio, dopo una bollitura di novanta minuti, solo il 30% di questi viene solubilizzato nel mosto, tuttavia aumentando i tempi di cottura, l’incremento percentuale risulta essere minimo. Necessitano di un tempo di estrazione piuttosto lungo, ma si tratta, per fortuna, di sostanze che resistono al calore, anche se ossidandosi all’aria, a temperatura ambiente, perdono progressivamente le loro proprietà amaricanti. Al contrario, i prodotti aromatizzanti perdono molto più facilmente le loro caratteristiche, dopo cotture anche relativamente brevi. Per questi motivi, si è escogitato un metodo, per rendere conciliabile l’introduzione dei due diversi prodotti nello stesso mosto, differenziando, cioè, il momento “dell’aggiunta”, a seconda del tempo di cottura a cui è predisposto un fiore piuttosto che un altro. Parlando in termini pratici, in una cottura di 90 minuti potremmo aggiungere prima un luppolo amaricante che è più resistente al calore, e verso la fine si potrebbe andare a conferire alla birra un sapore più fine e delicato, sia al palato che all’olfatto, un fiore aromatizzante evitando, così, di farlo rovinare dalla cottura stessa. Questa, anche se risulta essere la procedura più diffusa, non è l’unica. Alcune birre di prestigio, ad esempio, evitano il luppolo aromatico, mentre altre, non meno importanti, sperimentano introduzioni più numerose, di diversi fiori, giocando sulle tempistiche.

Il luppolo contiene inoltre la giusta dose di tannini, che coagulano le proteine che contribuiscono alla chiarificazione naturale della birra, in più, migliora non solo la stabilità della schiuma, ma anche della birra stessa, frenando la riproduzione dei batteri, tanto da essere , addirittura, usato nel campo dell’industria farmaceutica.

Il suo utilizzo è stato introdotto ufficialmente, solo alla fine del primo millennio d.C., prima venivano usati altri ingredienti come la mirica, l’alloro e il rosmarino. Verso il XV secolo, però, quasi ovunque, si vietò, per la fabbricazione della birra, l’uso di ingredienti che non fossero: acqua, cereali e luppolo. Consuetudine, questa, rimasta fino ad oggi.

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