Ilmaltobirraio

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lunedì 1 febbraio 2016

Tra birra e virtù

In passato, ovviamente, non mancò chi riconobbe virtù terapeutiche alla birra. La birra di Zerbst, per esempio era conosciuta per le sue caratteristiche diuretiche. La si beveva infatti, anche per provare a liberarsi dai calcoli renali, nella speranza di evitare le noiose, e a volte costose, cure mediche. Come sosteneva anche Colerus, che scrisse, Oeconomia ruralis et domestica, pubblicato nel XVII secolo. Ne scrisse anche  P.E. Wauterns, in L’uytzet e le sue doti salutari. Infatti, se consumata con moderazione e buon senso, la birra, può avere effetti benefici, oltre che sull’umore, anche sulla nostra salute. Grazie alle proprietà dei suoi ingredienti, in particolare del luppolo, può essere d’aiuto in alcune importanti funzioni del nostro corpo: ricordiamo, ad esempio, gli effetti benefici a livello digestivo, che favorisce l’appetito e svolge un efficace attività eupeptica. Anche il lievito “dice la sua”, utile in casi di patologie alla flora intestinale. Ed in più, ripeto, sempre assunta in quantità controllate, dona effetti positivi all’apparato circolatorio poichè rinforza la tonicità di vene e capillari e grazie alla vitamina B12 agisce come antianemico sul sangue.
Prima che la scienza potesse dare i suoi importantissimi contributi alla tecnica birraia, non mancarono a livello empirico, spiritose e ingegnose trovate, volte a dare un giudizio sulle doti della bevanda in preparazione. Si narra, infatti, di una curiosa tecnica, chiamata “prova panchina”. Il procedimento era semplice, bastava versare un pò di birra sopra una panca, per poi sedercisi sopra con dei particolari pantaloni di cuoio indossati, appunto, per l’occasione. Se dopo mezz’ora, alzandosi, i pantaloni  rimanevano incollati alla panchina, voleva dire che la birra in questione, era considerata buona perchè ricca di estratti, al contrario si riteneva la bevanda debole e priva di consistenza, se non avveniva nessun “legame” tra pantaloni e panchina. Più tardi venne inventato un aerometro: era semplicemente un galleggiante d’ambra con una scala graduata. Più la scala sporgeva dalla superficie della birra, e più questa era ritenuta “forte”. Nulla di scientifico, ma molto più obbiettiva, rispetto alla “prova panchina”.                                                                                     
Dello stretto rapporto tra  attività birraia e scienza, ne diede un buon esempio la Fondazione Carlsberg di Copenaghen, fondata e amministrata, nel 1875 da J.C. Jacobsen, fino alla cessione ad un comitato eletto dall’ Accademia Reale delle Scienze di Copenaghen,  il quale curò lo sviluppo in oltre cento anni di attività. Lo scopo di Jacobsen era quello di dotare i collaboratori di conoscenze sempre più profonde, inerenti ai processi naturali che si svolgono nella fabbricazione della birra. La ricerca, ha raggiunto livelli tali, che oggi, la Scuola costituisce il più importante centro nel campo della biochimica e della biologia. In un secolo di attività, gli allievi  hanno contribuito al progresso delle scienze in tutto il mondo, fino a meritare in alcuni casi l’ambita onoreficenza del Premio Nobel.

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