Ilmaltobirraio

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mercoledì 23 marzo 2016

L’Ammostamento


Una volta maltati i cereali, e poi macinati, si arriva ad un’altra fase molto interessante riguardante la produzione della birra. L’ammostamento.

L’ammostamento è l’operazione durante la quale si estraggono gli zuccheri dal malto portandoli in soluzione nell’acqua riducendo, eventualmente, il contenuto proteico del mosto che si va formando. Lo scioglimento degli zuccheri e il degradarsi delle proteine, è dovuto agli enzimi, che formandosi durante il processo di maltazione, sono ora divenuti pronti ad agire sul chicco di malto. Di questi, due servono ad estrarre gli zuccheri dal malto rendendoli solubili nell’acqua, mentre il terzo si adopera per il degrado delle proteine e per conferire maggiore stabilità alla birra. Gli enzimi che estraggono gli zuccheri si chiamano alfa amilasi e beta amilasi. Il primo svolge un lavoro più grossolano staccando pezzi relativamente grossi dall’amido maltato, le maltodestrine; mentre la beta amilasi, l’altro enzima, con la sua precisione, va a rilevare soltanto frammenti costituiti da due zuccheri semplici, il maltosio.

Questi due prodotti, maltosio e maltodestrine, sono in qualche modo alternativi perché si ottengono dall’azione di due diversi enzimi sullo stesso materiale, che è l’amido. Favorendo l’azione delle beta amilasi potremo ottenere un mosto con alte concentrazioni di zuccheri fermentescibili, che in sostanza significa maggiore alcol nella birra, se invece favoriamo l’azione dell’alfa amilasi andremo ad ottenere una maggiore concentrazione di maltodestrine, che invece trasmetterebbero una maggiore corposità alla birra ed un pizzico di dolcezza in più. Già, perché si parla di zuccheri estratti dal malto, in effetti se avete provato ad assaggiare un chicco vi siete subito resi conto di quanto sia dolce il sapore, ma ciò non decreta una regola sulla “dolcezza” della birra; anche se il mosto è dolce, non è detto che lo sia anche la birra. Sì, perché solo il dolce proveniente dalle maltodestrine è quello che resiste al processo di fermentazione.

Il metodo più utilizzato per differenziare queste due attività è quello di agire sulla temperatura. Ogni enzima agisce al meglio ad una precisa temperatura, ad esempio 65°C, ciò non vuol dire che a pochi gradi di differenza questi enzimi non agiscono più, semplicemente a quelle temperature la velocità della reazione che inducono, sarà minore, non togliendo che invece altri enzimi ne potrebbero trarre vantaggio. Sembra complicato, ma non lo è, basta farsi aiutare semplicemente da un termometro, così da tenere sempre sotto controllo la temperatura desiderata, in base alle caratteristiche che vorremo imprimere al prodotto, tenendo presente anche, che temperature troppo alte farebbero addirittura cessare l’attività di questi enzimi. Mantenendo la miscela ad una certa temperatura per un certo periodo di tempo, ad esempio mezz’ora, potremo favorire la reazione di un certo enzima, mentre gli altri nel frattempo rimarranno inattivi, o se attivi, alla minima velocità. Parlando praticamente, ad una temperatura di circa 60°C sarà la beta amilasi ad essere l’enzima più attivo, mentre portando il mosto a 70°C daremo più velocità di reazione all’alfa amilasi. A questo punto, termometro alla mano, non resta che “giocare”; voglio una birra più corposa o una birra più alcolica?

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