Una volta
maltati i cereali, e poi macinati, si arriva ad un’altra fase molto
interessante riguardante la produzione della birra. L’ammostamento.
L’ammostamento
è l’operazione durante la quale si estraggono gli zuccheri dal malto portandoli
in soluzione nell’acqua riducendo, eventualmente, il contenuto proteico del
mosto che si va formando. Lo scioglimento degli zuccheri e il degradarsi delle
proteine, è dovuto agli enzimi, che formandosi durante il processo di
maltazione, sono ora divenuti pronti ad agire sul chicco di malto. Di questi,
due servono ad estrarre gli zuccheri dal malto rendendoli solubili nell’acqua,
mentre il terzo si adopera per il degrado delle proteine e per conferire
maggiore stabilità alla birra. Gli enzimi che estraggono gli zuccheri si
chiamano alfa amilasi e beta amilasi. Il primo svolge un lavoro
più grossolano staccando pezzi relativamente grossi dall’amido maltato, le maltodestrine; mentre la beta amilasi, l’altro enzima, con la sua
precisione, va a rilevare soltanto frammenti costituiti da due zuccheri
semplici, il maltosio.
Questi due
prodotti, maltosio e maltodestrine, sono in qualche modo alternativi perché si
ottengono dall’azione di due diversi enzimi sullo stesso materiale, che è
l’amido. Favorendo l’azione delle beta amilasi potremo ottenere un mosto con
alte concentrazioni di zuccheri fermentescibili, che in sostanza significa
maggiore alcol nella birra, se invece favoriamo l’azione dell’alfa amilasi
andremo ad ottenere una maggiore concentrazione di maltodestrine, che invece
trasmetterebbero una maggiore corposità alla birra ed un pizzico di dolcezza in
più. Già, perché si parla di zuccheri estratti dal malto, in effetti se avete
provato ad assaggiare un chicco vi siete subito resi conto di quanto sia dolce
il sapore, ma ciò non decreta una regola sulla “dolcezza” della birra; anche se
il mosto è dolce, non è detto che lo sia anche la birra. Sì, perché solo il
dolce proveniente dalle maltodestrine è quello che resiste al processo di
fermentazione.
Il metodo più
utilizzato per differenziare queste due attività è quello di agire sulla
temperatura. Ogni enzima agisce al meglio ad una precisa temperatura, ad
esempio 65°C, ciò non vuol dire che a pochi gradi di differenza questi enzimi
non agiscono più, semplicemente a quelle temperature la velocità della reazione
che inducono, sarà minore, non togliendo che invece altri enzimi ne potrebbero
trarre vantaggio. Sembra complicato, ma non lo è, basta farsi aiutare
semplicemente da un termometro, così da tenere sempre sotto controllo la
temperatura desiderata, in base alle caratteristiche che vorremo imprimere al
prodotto, tenendo presente anche, che temperature troppo alte farebbero
addirittura cessare l’attività di questi enzimi. Mantenendo la miscela ad una
certa temperatura per un certo periodo di tempo, ad esempio mezz’ora, potremo
favorire la reazione di un certo enzima, mentre gli altri nel frattempo
rimarranno inattivi, o se attivi, alla minima velocità. Parlando praticamente,
ad una temperatura di circa 60°C sarà la beta amilasi ad essere l’enzima più
attivo, mentre portando il mosto a 70°C daremo più velocità di reazione
all’alfa amilasi. A questo punto, termometro alla mano, non resta che “giocare”;
voglio una birra più corposa o una birra più alcolica?
Nessun commento:
Posta un commento