Eccoci ad
una nuova fase, anch’essa molto importante, del nostro processo di
birrificazione. Una volta terminato il
lavaggio delle trebbie, e quindi la filtrazione, si procederà alla cottura del
mosto.
Lo scopo
della cottura è quello di estrarre le sostanze aromatiche del luppolo, di uccidere tutti i
microrganismi, e quindi di sterilizzare, e di far coagulare le proteine per
ottenere una birra più stabile e trasparente. Raccolto il mosto, in un pentolone
d’acciaio inossidabile o di rame, lo portiamo quindi all’ebollizione. A questo
punto si aggiunge il luppolo: la teoria
dice due grammi di fiori per ogni litro di birra se non si vuole produrla
troppo amara; tre, quattro o addirittura cinque grammi per chi invece la
preferisce più amara. Ovviamente poi il mio pensiero dice, e spero anche il
vostro, che la creazione di una birra artigianale ha un qualcosa di artistico,
quindi vi consiglio di sperimentare e dare sfogo alla fantasia per cercare di
trovare gli abbinamenti che più vi aggradano.
Al momento
“dell’inserimento”, bisogna avere cura che il luppolo non resti a galla, ma che
invece venga subito coinvolto nell’ebollizione. Negli ultimi tempi, invece dei
fiori di luppolo, che perdono una parte del loro aroma in pochi mesi, si usa
spesso il luppolo “cubettato”,detto pellet, che ha il pregio, essendo
fortemente pressato e confezionati in recipienti a tenuta, di non lasciare
reagire l’ossigeno con le sue sostanze aromatiche. Fate attenzione però: se usate questo tipo di
luppolo la schiuma che si forma dopo pochi secondi è maggiore rispetto all’uso
dei fiori, tanto da poter far traboccare il liquido all’interno della pentola.
In questo caso è sufficiente continuare a mescolare senza abbassare la fiamma.
Dalla
qualità del luppolo dipende, in parte, la qualità dell’aroma della birra, come
certo è che dalla quantità ne dipende
direttamente l’intensità di amaro. Dato che il luppolo ha anche la facoltà di
conferire alla birra una schiuma più compatta e più stabile, e dato che
contiene delle sostanze che agiscono contro lo sviluppo di microrganismi,
spesso il birraio preferisce usare quelle varietà la cui quantità può essere
maggiorata senza che l’amaro della birra diventi troppo intenso per il palato
del consumatore. Quindi il mosto, cui si è aggiunto il luppolo, si fa bollire
per circa un’ora e mezza. Durante l’ebollizione, le componenti amare del
luppolo si isomerizzano e passano in soluzione, mentre le proteine subiscono
una coagulazione, diventando in parte insolubili e in tal modo, nella fase
successiva facilmente eliminabili, a tutto vantaggio della stabilità della
birra. I microrganismi eventualmente ancora presenti nel mosto vengono uccisi,
rendendolo così stabile anche sotto l’aspetto microbiologico, il processo
enzimatico viene bloccato, e con l’evaporazione dell’acqua per ebollizione si
ottiene la concentrazione dell’estratto che si desidera avere all’inizio della
fermentazione.
Trascorso il
tempo di ebollizione si procede con il raffreddamento. Il mosto dev’essere
liberato dal coagulo di proteine, dalle sostanze insolubili del luppolo e da
eventuali sostanze insolubili del malto che fossero sfuggite alla filtrazione
della miscela. Più limpido è il mosto all’inizio della fermentazione, più fine
risulta la birra finita. L’abbattimento della temperatura deve avvenire nel
minor tempo possibile, arrivando alla quota giusta, in base al tipo di
fermentazione che si vuole applicare (5-6°C bassa fermentazione, 10-12°C alta
fermentazione), ma nel frattempo, si deve evitare la contaminazione di
microrganismi che possono infettare la birra. Vi sono più tipi di
raffreddamento “rapido”: quello più facilmente attuabile in casa si ottiene con
una serpentina di rame immersa nel mosto e collegata ad un rubinetto di acqua fredda.
È consigliabile immergere la serpentina, già lavata, nel mosto, già negli
ultimi cinque minuti della cottura, in modo da ottenere anche una
sterilizzazione della stessa. Una volta ottenuto l’abbattimento della
temperatura, il mosto, ancora ricco dei fiori del luppolo, dovrà essere
filtrato nuovamente. Questo passaggio serve a ripulirlo del luppolo e dei
coaguli di proteine che si sono formati. È sufficiente usare un classico colino
da cucina, appoggiarlo sul bordo del fermentatore e con cautela versare il
liquido al suo interno. Ciò trattiene i semi e i petali del luppolo e facendo
cadere il mosto sul fondo del fermentatore da una certa altezza e con una certa
energia, diamo vita ad una prima aerazione
del mosto, che sarà molto utile nella fase di inseminazione del lievito.
Dopo aver diluito o meno il mosto c’è un ultimo passaggio da fare prima dell’inseminazione del lievito, attenzione, assolutamente prima. Prendiamo una bottiglia, anche di plastica, purché pulita e in buono stato, e la riempiamo con un litro di mosto SENZA lievito, la tappiamo immediatamente e la mettiamo in frigorifero. Non va aperta per annusare e per nessun motivo. Lasciamola al suo posto fino a quando arriverà il suo momento di utilizzo.
A questo
punto procediamo ad una prima verifica del lavoro svolto: la prima cosa da fare
è controllare la densità mediante densimetro, appunto. Una volta lavato per
bene (ottimo sarebbe disinfettarlo mettendolo a bagno con dell’ipoclorito di
sodio) avendo l’accortezza di toccarlo con le mani solo nelle zone che non
verranno a contatto col mosto, immergiamo il densimetro all’interno del
fermentatore. In alternativa, io consiglio di estrarre un po’ di mosto dal
rubinetto e immergere il densimetro nell’apposito cilindro. Io seguo il secondo
metodo, così elimino il rischio di contaminazioni o la dimenticanza dello
strumento all’interno del fermentatore(può succedere),ovviamente il contenuto
del cilindro, alla fine delle mie valutazioni, lo butto via. Il valore di
densità misurato e il volume di mosto ottenuto ci daranno un’idea della
quantità di acqua da aggiungere per ottenere il volume e la densità iniziale
voluti. Può accadere che la resa non sia quella voluta, in pratica che il
volume di mosto ottenuto sia inferiore a quello preventivato. In questo caso la
diluizione o meno con acqua è una questione di scelte: diluendo con acqua
minerale fredda otterremo una birra meno alcolica e meno amara, cosa che
potrebbe essere accettabile per una birra da pasto, ma probabilmente deleteria
per una birra da meditazione. L’ideale sarebbe fare più attenzione nel lavaggio
delle trebbie, in modo da non arrivare a questa scomoda incombenza.
Dopo aver diluito o meno il mosto c’è un ultimo passaggio da fare prima dell’inseminazione del lievito, attenzione, assolutamente prima. Prendiamo una bottiglia, anche di plastica, purché pulita e in buono stato, e la riempiamo con un litro di mosto SENZA lievito, la tappiamo immediatamente e la mettiamo in frigorifero. Non va aperta per annusare e per nessun motivo. Lasciamola al suo posto fino a quando arriverà il suo momento di utilizzo.